Perché parlare di parità di genere o di uguaglianza fra i sessi? Fra le tante ragioni, possiamo soffermarci ad osservare qualche dato relativo alla carriera universitaria:
Sebbene a livello europeo si evidenzi un equilibrio di genere fra coloro che conseguono il dottorato o il post-dottorato (PhD o post-PhD), i dati mostrano che gli uomini hanno maggiori probabilità di raggiungere le posizioni di vertice in ambito accademico e nella direzione della ricerca. Ciò dimostra che, purtroppo, l’equilibro fra i sessi a livello sociale e nelle opportunità è un obiettivo che dev’essere ancora raggiunto, e con esso anche il rispetto del diritto di uguaglianza.
Cercando di comprendere le cause e le ragioni della persistenza di questa differenza, di questa disuguaglianza, possiamo riflettere muovendo da alcuni pregiudizi diffusi socialmente e cosa c’è di meglio che osservare come la pubblicità rappresenta le donne? Ecco alcuni esempi.
Osservando queste immagini risulta evidente il messaggio che riduce la donna a un oggetto sessuale, ma soprattutto a un OGGETTO, a una cosa, togliendole la sua umanità.
Quest’ultima immagine mette sul piano ironico la differenza, riformulando in termini moderni tutta una serie di pregiudizi sulle donne e sulle mogli o compagne
Orbene, la differenza fra femmine e maschi è un dato di fatto, è una differenza biologica ad esempio, che non dipende da noi o dalla società. Per contro, trattare le persone come soggetti oppure come oggetti è una scelta. In particolare, è una decisione quella di voler attuare un processo di cambiamento che dallo stereotipo pregiudizievole evolva per valorizzare casomai il potenziale della differenza in modo da aumentare la forza collettiva in vista di obiettivi comuni. Non solo è giusto, ma è pure utile: basta guardare a tutti quegli studi che mostrano come l’inclusione delle donne nel lavoro aumenterebbe la produzione e la ricchezza; oppure quegli studi che sottolineano come l’equilibrio di genere sia proficuo per lo sviluppo del business, per esempio, secondo i dati del Credit Suisse Gender 3000 (2016), è stato rilevato un aumento del 15,3% degli utili nelle imprese con almeno il 15% di donne nel Senior Management dell’azienda.
Michel de Montaigne diceva che “La qualità più universale è la differenza”. E in effetti non c’è una persona uguale ad un’altra. L’uguaglianza è un valore normativo, sia etico sia giuridico.
Le scienze ci ricordano continuamente l’importanza della diversità, per esempio della biodiversità. Piero Angela diceva che “Tutta la storia della vita sulla Terra ci insegna che la «diversità» è un valore fondamentale. La ricchezza della vita, infatti, è dovuta alla sua diversità”.
Come fare per cambiare le cose verso l’equilibrio di genere?
Maria Cristina Vaccarisi, Responsabile Change Management, Sviluppo Risorse e Comunicazione Interna di A2A, ha riportato l’esperienza della sua azienda: si è posta l’obiettivo di arrivare ad avere nel 2023 il 20% di donne in posizioni di responsabilità.
Per raggiungere tale meta, a partire dall’idea che le persone, pur nella loro differenza di genere e sessuale, hanno manifestazioni caratteriali, modi di fare e modi di pensare, che possono essere ricondotti in diversa misura a entrambi i generi, l’azienda punta sul coinvolgimento di donne e di uomini nell’ascolto e nella progettazione collettiva, attraverso tre azioni principali:
- sollecitare la consapevolezza dell’esistenza delle due dimensioni di genere presenti in ciascuna persona. Dimensioni che sono il prodotto di fattori e processi neurofisiologici/ormonali, evolutivi, culturali, psicologici e del modo in cui essi si attivano ed esprimono con specificità nell’esperienza di ciascuna persona.
- Promuovere l’equilibrio fra le due dimensioni “di genere”, evitando che si accentui una sola dimensione a scapito dell’altra, per non rendere le persone “rigide” o “schematiche”, cioè limitate da stereotipi pregiudizievoli;
- valorizzare l’empowerment che deriva dall’equilibrio interno tra femminile e maschile.
Nel coinvolgente incontro la riflessione non si è fermata alle sole differenze e stereotipi su uomini e donne, ma si è estesa al tema della sessualità e in particolare alle discriminazioni verso la comunità LGBTI, a partire dai risultati dei progetti europei in tema diretti dal Prof. Giacomo Viggiani, ricercatore presso la nostra università.
Ringraziamo Mariasole (Prof.ssa Bannò) per aver fortemente voluto l’inserimento di questo tema nel percorso del CLab: un ambito di riflessione e di indagine sociale sul quale ci siamo rese e resi conto di avere ancora molti pregiudizi. Tuttavia, l’occasione dell’approfondimento e della discussione ci rendono consapevoli e quindi ci offrono gli strumenti per superarli. Questo è un primo passo per renderci parte attiva di una società migliore.