Perché parlare di sostenibilità in tempi di crisi? La risposta è semplice ma non banale: il virus ha messo in evidenza che il nostro sistema economico non è sostenibile.
Questa situazione di staticità, in cui l’azione è sospesa, offre l’opportunità di ripensare al futuro. Bello il mosaico di concetti proposto dai relatori in questo evento, provenienti sia dal mondo accademico che da quello imprenditoriale. Ecco alcuni flash.
Le aziende che hanno come valore la sostenibilità sono anche quelle che stanno affrontando meglio la crisi. Perché? Perché sono abituate a pensare in modo strategico, perché non aspettano gli aiuti esterni ma si muovono per prime per costruire il loro futuro. La sostenibilità nella gestione d’impresa si crea ogni giorno con la pianificazione, non si può improvvisare.
E’ emersa anche l’importanza per le aziende di creare la propria reputazione e trasferire il proprio valore alla società. In questa crisi, le statistiche hanno mostrato che 1 consumatore su 3 ha iniziato ad usare un nuovo brand perché ne ha apprezzato il modo innovativo ed empatico con cui ha reagito alla pandemia, mentre il 65% ha perso fiducia nelle aziende che hanno messo i profitti davanti alle persone. La comunicazione risulta quindi un elemento strategico, a patto che passi dallo storytelling allo storydoing, ovvero che dietro la comunicazione ci sia effettivamente sostanza.
Altro aspetto messo in evidenza dalla crisi è che lo sviluppo dell’Europa è troppo dipendente dai mercati esteri e in particolare dalla Cina. Le politiche europee di sviluppo andrebbero dunque ripensate, puntando più sui servizi, servizi sociali, e sulla domanda interna.
Segnaliamo in particolare gli interventi dei due giovani che hanno partecipato, che con la loro freschezza hanno trasmesso messaggi forti e chiari.
Amalia De Leo (Psicologa – Università della Campania) ha parlato di sostenibilità sociale dell’azienda. L’azienda non è solo uno strumento per creare profitto, ma è un bene sociale, se fondata sull’inclusione. L’inclusione sociale porta con sè un vantaggio competitivo, non è solo una bandiera di cui vantarsi, perché il confronto con la diversità genera innovazione e quindi sostenibilità.
Davide Botturi (nostro CLabber! ), nel suo appello chiaro e toccante, sottolinea l’attenzione agli ultimi. Partendo dall’assioma che inclusione, ambiente e sanità sono indissolubilmente legati dimostra che non possiamo dimenticarci degli ultimi. Non solo perchè non è moralmente giusto ma perché non possiamo più permettercelo: la globalizzazione ci ha unito tutti, è come una catena che ci lega tutti, forte tanto quanto il suo anello più debole.
Ecco i relatori che hanno animato il dibattito: Daniela Bandera (Istituto di ricerche Nomesis e European women development Italia), Andrea Bartoli e Florinda Saieva (Farm Cultural Park), Davide Botturi (CLab Brescia), Amalia De Leo (Psicologa – Università della Campania), Paolo Iacono (HSE24), Enrico Musumeci (AAT Oranfresh), Susanna Pozzolo (Università di Brescia), Mauro Sciarelli (Università di Napoli Federico II), Giuseppe Toninelli (Giornalista – CSR Consultant), Sandro Trento (Università di Trento).
Un sentito grazie agli organizzatori: Prof. Giorgia D’Allura (Università di Catania), Prof. Pasquale Massimo Picone (Università di Palermo) e Prof. Mariasole Bannò (Università di Brescia).